mercoledì 23 marzo 2011

Raccontare il Risorgimento: qualche riflessione


Archiviata la ricorrenza dei 150 anni dell’Unità d’Italia. Fiumi di parole, polemiche, divisioni, ma anche tanti segnali confortanti di spontanea e numerosa partecipazione da parte dei cittadini, in Irpinia, come nelle altre parti d’Italia.

La retorica ufficiale ha avuto, come comprensibile in simili occasioni, il maggior risalto mediatico.

La sensazione che ho potuto percepire è stata quella di un comune aria di festa, come ho avuto modo di verificare osservando tante le persone uscite in strada con una coccarda o un simbolo tricolore in bella mostra o le tantissime bandiere esposte bandiere dai balconi e dalle finestre, un fenomeno – quest’ultimo – davvero senza precedenti se si escludono le occasioni legate agli impegni della nazionale di calcio.

Chiusasi la ricorrenza ufficiale occorre, a mio avviso, porsi il problema del 18 marzo, del giorno dopo, ovvero come tener viva la consapevolezza del nostro essere italiani, del nostro essere concittadini a partire dal nostro Risorgimento.

Quello che serve è un lavoro che potrei definire quotidiano, da compiersi con strumenti semplici, che non rendano diffidenti o annoino le persone.

La chiave è quella di partire dalle esperienze di chi, all’incirca un secolo e mezzo fa, ha deciso di fare l’Italia e ce l’ha fatta. Uomini come noi prima di tutto, con un bagaglio di idee, esperienze che li hanno portati a compiere a scelte e ad agire senza essersi ancora seduti su alcun piedistallo di qualche monumento, essere ricordati su una lapide o nelle aule delle nostre scuole.

Una vicenda che può essere il racconto delle tante vicende umane che si incrociano e che in maniera differente sono protagoniste di questa vicenda, che definisce l’Italia Contemporanea.

E’ quello che ho, anzi, abbiamo provato a fare mercoledì scorso alla libreria “L’Angolo delle Storie” di Avellino, proponendo un incontro pubblico che ho scelto di intitolare non casualmente “Il risorgimento nelle parole e nelle immagini dei protagonisti”. Si tratta di un’idea che non nasce con le mie sole forze, ma che è frutto di un lavoro e di stimoli di più persone. Un grande impulso mi è stato dato da Lia Tino, animatrice dell’Angolo, che negli scorsi mesi,si è instancabilmente dedicata ad organizzare momenti di approfondimento dedicati ai più piccoli con il “Racconto dell’unità d’italia”, con la tecnica del teatro giapponese del Kamashibai, semplice strumento di supporto alla narrazione attraverso delle illustrazioni, aiutata dal giovane studente dell’Accademia delle belle Arti di Napoli, Andrea Matarazzo.

Mi sono chiesto: Lia riesce a spiegare l’Unità ai più piccoli perché non provarci anche con persone più adulte? Con i Presìdi del Libro avevamo già provato qualche mese fa a fare un qualcosa di simile sul Terremoto del 1980, in collaborazione con Stefano Ventura, storico irpino che ha studiato quei tragici eventi. Motore di quell’iniziativa fu Fabrizio Mondo, studente di lettere e allievo sulle scene teatrali del maestro Renato Carpentieri.

Intanto i tipi della Laterza hanno dato alle stampe nelle prime settimane dell’anno un’antologia di fonti e immagini del Risorgimento, dal titolo “Nel nome dell’Italia”, curata dal professor Alberto Mario Banti dell’università di Pisa. Ho avuto modo di approcciare direttamente Banti e i suoi innovativi studi sul Risorgimento e sulla nascita del cosiddetto ‘discorso nazional-patriottico’ un paio di anni or sono, nel corso di un seminario di due settimane che lo stesso professore tenne a Napoli, a cui ho avuto la fortuna assieme ad altri 8 fortunati dottorandi in storia contemporanea. L’antologia di fonti mi è sembrata da subito il grimaldello utile per provare a ‘raccontare il Risorgimento’. A partire da “Nel nome dell’Italia”, con Fabrizio Mondo abbiamo selezionato letture e immagini con cui organizzare una pubblica lezione; l’obiettivo è stato quello di proporre una comunicazione immediata, ritmata, stando entro l’ora e un quarto di tempo totale, per non sfidare ulteriormente il livello di attenzione medio del pubblico. Le spiegazioni si sono alternate alle letture recitate da Fabrizio, assieme alle immagini commentate. Abbiamo scoperto un Luigi Settembrini introdotto giovanissimo al patriottismo nel mezzo mezzo all’ambiente goliardico e scanzonato degli allora studenti ‘fuorisede’ presso l’Università di Napoli, oppure la testimonianza di un ‘involontario’ partecipante ai moti del 1820, un ‘copetaro’ di Nola, assieme ai plebisciti di annessione del 1860, rappresentati dal padre del fumetto moderno, lo statunitense Thomas Nast e lo straordinario Proclama al popolo irpino di Francesco De Sanctis, assieme alle riflessioni postume del brigante Carmine Crocco, che ci hanno aperto uno squarcio sulle idee, le prospettive e la mentalità di uno dei protagonisti del cosiddetto brigantaggio.

Ci si è resi conto che le fonti che sono state recitate da sole non raccontano tutto; sono convinto, assieme a chi mi aiutato a far diventare realtà questa idea, che si tratta di una sorta di tasselli di un complesso e più grande puzzle. Pezzi che aiutano a comprendere il clima gli uomini e le idee di 150 anni fa, perché nonostante, limiti, errori, miopie, divisioni e tanti problemi insoluti, ‘l’invenzione’ della nazione italiana ha portato alla nascita dei uno stato che esiste ancora e che configura la vita pubblica dell’Italia Contemporanea. A tal proposito ha a mio avviso ragione un altro studioso con cui ho avuto modo di confrontarmi in passato, il professor Marco Meriggi dell’Università di Napoli, il quale ha sostenuto che, come tutte le invenzioni anche la ‘nazione italiana ha in sé qualcosa di artificioso, ma ha ricordato che, allo stesso tempo, le invenzioni sono il motore di grandi e importanti cambiamenti, nel bene e nel male.

Sarebbe bello continuare a raccontare, attraverso i pezzi dell’affascinante puzzle risorgimentale, come e in che contesto sia nata questa invenzione; cercando di rimanere fedeli ad una modalità di divulgazione immediata e coinvolgente, impegnandosi a non scadere in discussioni da bar o baloccarsi inutilmente attorno a discussioni su fantomatici complotti o su cosa sarebbe successo se avessero vinto gli ‘sconfitti’ dall’unificazione della penisola italiana. Sono convinto che gli eventi ormai lontani da noi si raccontano cercando di capire, quanto alle pagelle e alle liste dei buoni e dei cattivi, possiamo darle nelle cronache sportive del lunedì mattina.

Mario De Prospo

da 'Ottopagine - Quotidiano dell'Irpinia' , 22 marzo 2011

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