lunedì 8 novembre 2010

Una conversazione con Marco Rossi-Doria


Come può essere una biblioteca di base, una biblioteca di pubblica lettura in una cittadina meridionale? Partendo da questo punto interrogativo abbiamo intavolato una discussione con Marco Rossi-Doria, il ‘maestro di strada’ napoletano figlio del meridionalista Manlio, per anni impegnato nel contrasto alla dispersione scolastica nel capoluogo campano con il progetto Chance. Da qualche anno Marco è ‘emigrato’ a Trento, dove lavora per la Provincia autonoma per progetti a favore dei ragazzi in difficoltà e l’innovazione della formazione professionale.

Chi come lui lavora sul campo ogni giorno con l’obiettivo di dare effettivamente un’istruzione a tutti, rivolgendo la sua attività a quei giovani che si trovano in particolari condizioni di disagio, può comprendere meglio il nostro impegno, qui ad Avellino, per il rilancio della lettura in un senso ampio, democratico; per fare delle biblioteche un luogo piacevole dove incontrarsi, confrontarsi, crescere, divertirsi.

“Concepire una biblioteca come un luogo dove mettere dei libri degli scaffali, che poi la gente dovrebbe leggere, non ha senso”. E questa la premessa Rossi-Doria, che propone da subito una diversa modalità di concepire questo spazio, partendo dalle esigenze delle persone: “Penso ad un ragazzo emigrato, isolato, alla ricerca di qualcosa che lo ricolleghi al suo paese, alla sua identità. La risposta la potrebbe avere da biblioteche che permettono di far leggere i propri libri da casa, grazie ad una forte sforzo nell'innovazione tecnologica. Naturalmente il discorso fatto sui libri si potrebbe estendere alle immagini, alla musica”, ed è qui che emerge la sua idea: “Penso ad una biblioteca identitaria, a partire da un corpus di dati scritti, sonori e immagini che riguarda il territorio di appartenenza, custode della memoria del passato, attraverso interviste, raccolte di musica popolare”. Un progetto ambizioso, ma ci spiega: “Da fare a piccoli passi. Per portare avanti servirebbe un vero e proprio programma di ricerca, ma l’importante è partire, da una biblioteca che non sia mero arredamento. I modelli ci sono e ci si può confrontare, penso all’Irpinia al discorso che si potrebbe fare sull’emigrazione in Nord America, a quanto fatto oltreoceano con il centro sull’immigrazione di Ellis Island”.

La proposta di Rossi-Doria non è fatta solo di tecnologie. In biblioteca ci si può incontrare: “Oltre che sull’innovazione bisognerebbe lavorare in maniera opposta, creando occasioni di oralità, cercando persone con cui parlare. Qui non ci si deve chiudere nel proprio luogo di origine, ma cercare di far venire scrittori, scienziati da fuori altre parti d’Italia, d’Europa, cercare di connettersi globalmente. Il pianeta è pieno di menti, di persone tradotta in Italia da un piccolo editore trentino. Mi chiedo se non ci siano scienziati e ricercatori originari della provincia di Avellino che lavorano in importanti centri di studio statunitensi e che in estate tornano in Irpinia. Serve fantasia e volontà, voglia di confronto, naturalmente senza buttare la propria identità, ma nemmeno limitarsi e chiudersi nella sua celebrazione”.

L’interrogativo che a questo punto, dopo i tanti stimoli che ci ha generosamente dato Marco, è quali possono essere le strategie per far entrare in una biblioteca chi non legge, chi non sembra interessato ad aprire un libro. In merito le sue idee sono molto chiare: “Il discorso è molto legato all’età. Per i bambini e gli anziani in particolare coincide con il creare delle situazioni di lettura, come quella che può essere rappresentata dal l’ascolto di una fiaba, a cui potrebbero partecipare non solo i più piccoli, ma anche genitori, zii, nonne. Basterebbe una persona in grado di leggerle senza eccessiva enfasi o apparire ridicolo, penso ad un insegnante con esperienza a qualche giovane con la passione per la recitazione”.

Non è l’unica attività o servizio che si può organizzare per attirare lettori deboli. Bastano degli accorgimenti pratici: “Penso alla possibilità di far consultare liberamente giornali e riviste e di organizzare all’interno della biblioteca attività diverse dalla lettura. Le attività che potrebbero fare sono molte e tutte, a mio avviso, di grande utilità. Si potrebbero pensare dei corsi di lingua straniera, un bar dove fare la prima colazione o incontri dove mangiare assieme, vedere un film uscito fuori dai circuiti di distribuzione, ma anche assistere ad una partita di pallone insieme. Il posto, così facendo, diventa animato e la lettura diventa una ricaduta secondaria della sua attività. L’importante è che si capisca che non si può invogliare alla lettura costringendo”.

Su questo tema la discussione si riallaccia ad un campo su cui il ‘maestro di strada’, può dire davvero tanto, il rapporto con le scuole e il modo attraverso cui attirare i più giovani: “E’ fondamentale lavorare con i docenti delle scuole media, inferiore e superiore. Con i ragazzi, gli insegnanti dovrebbero operare così: va proposta la lettura di un libro e poi gli va semplicemente chiesto ‘che vuoi fare?’. Gli alunni potrebbero rispondere realizzando dei disegni, un cortometraggio, un video, un’intervista all’autore, organizzare una chiacchierata con gli amici”. E’ un lavoro, ci spiega Rossi-Doria, che va fatto coinvolgendo tutti i ragazzi: “In questo sforzo devono essere interessate le intere classi, vanno formati dei gruppi e i docenti devono portarli in biblioteca. In tal senso possono essere molto importanti i circuiti a cui ci si può legare, che uniti alla creatività di ognuno possono fare davvero molto”. Le parole di Marco ci fanno venire in mente la scelta fatta ad Avellino di costituire il Presìdio del libro ed entrare così nella rete nazionale dei presìdi, che ha permesso la partecipazione all’evento nazionale della festa dei lettori dello scorso 25 settembre.

Al di là delle proposte e delle idee. Cerchiamo di stuzzicare Marco anche sul piano dell’impegno dei cittadini, chiedendogli cosa possono fare concretamente le singole persone per contribuire a ripensare una biblioteca: “Io agirei in termini nuovi all’interno del rapporto tra cittadinanza e un luogo di cultura, in un modo totalmente diverso da come si è fatto fino a questo momento al Sud, che è partito sempre dalla richiesta di fondi. Quello che andrebbe fatto è una forma di azionariato popolare per far funzionare la struttura. Sarebbe un modo di voler bene alla propria città, versando mensilmente una piccola quota che mi permetterebbe di accedere e finanziare tutta una serie di servizi gratuiti” . Rossi-Doria, che conosce bene le realtà del Mezzogiorno, sa bene che : “Soprattutto all’inizio sarebbe difficile portare avanti un simile progetto. Quello che serve sono idee, creatività, fantasia, capacità di capire che c’è tanto oltre il libro, sapendo bene che si lavora alla costruzione di un luogo aperto al confronto con tutti, senza chiusure ideologiche verso nessuno, costruendo un punto d’incontro e di costruzione di una prospettiva per l’intera cittadinanza. Solo così passare poi all’azionariato popolare avrà un significato e sarà una strada percorribile”.

Dall’altra parte però ci sono gli amministratori locali, anche loro chiamati ad uno sforzo. Anche su questo fronte,ci spiega Marco Rossi-Doria, servono modalità totalmente nuove: “L’ambizione è quella di ribaltare la logica del ‘piagnisteo finto-meridionalista’. Devono essere gli amministratori ad essere onorati di venire e seguire l’attività di questi spazi, dove concretamente si risponde alla solitudine del nostro Mezzogiorno, alla sua assenza di autentici luoghi pubblici. E’ l’impegno dei cittadini, con pazienza, creatività e poca ideologia, la voglia di riuscire a fare anche molto diverse fra loro, questo può rendere una biblioteca un luogo importante. A quel punto sarà l’assessore a chiedere una mano. In questo modo da una logica che ha caratterizzato le nostre zone negli ultimi 30-40 anni, per cui qualsiasi progetto è finito alla mercé del politico di turno “.

La disponibilità, le parole e le proposte coraggiose di Marco, ‘maestro di strada’, danno una carica e uno stimolo a tutti quei cittadini che ad Avellino si stanno impegnando con passione civile per costruire dal basso delle biblioteche aperte davvero a tutti. Una conversazione, aggiungiamo, che rafforza la convinzione che finora si è intrapresa la strada giusta.

Lo salutiamo nella speranza di continuare, nei prossimi mesi, questo confronto , partendo nel concreto da quanto si sarà riuscito a fare nel capoluogo irpino.

da «Ottopagine, Quotidiano dell'Irpinia» 08/11/2010

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