sabato 26 marzo 2011

Un nuovo gruppo di lettura, con "Una banda di idioti"


Dopo i primi incontri su  'Petrolio' di Pier Paolo Pasolini, abbiamo pensato ad un nuovo gruppo a cura del Presìdio del Libro di Avellino.

Il libro scelto, dopo un po’ di discussione con alcuni dei più giovani amici del Presìdio, è stato 'Una banda di idioti' dello scrittore statunitense John Kennedy Toole.
Il libro è un piccolo caso letterario. L’autore morto suicida nel 1969, è stato insignito per questo romanzo, nel 1981, del premio Pulitzer per la narrativa.

Il nostro amico Giancarlo, che ha già avuto modo di leggere questo romanzo, ci dice di “ un libro commovente ed irresistibilmente comico". Lo ha colpito particolarmente il protagonista Ignatius, definito: " un genio bulimico, infantile, disperato e irridente, ridicolo e sublime, che, come l'autore, attraversa la vita quotidiana di un'America ordinaria, ‘sull'orlo dell'abisso’  “.

Questo il link alla pagina sul romanzo, pubblicato sul sito dell’editore che lo ha pubblicato in Italia:

Per chi vuole un confronto più ‘social’ sul libro, eccovi il link alla pagina su Anobii:

Chi vuole partecipare può mandare una e-mail a presidiolibroav@gmail.com
Presso la libreria l’Angolo delle Storie sono disponibili alcune copie del libro.
L’idea è quella di stabilire, una volta definito il gruppo, un incontro preliminare, re-incontrandoci dopo 15 giorni.

Indicativamente vorremmo vederci il venerdì tra le 18 e le 20 presso la biblioteca comunale dell’Ex-Eca in via Tagliamento.

Vi terremo informati su eventuali novità e cambiamenti.

AGGIORNAMENTO n°1 - Riunione preliminare del gruppo di lettura sabato pomeriggio, 9 aprile, alle 18, presso la biblioteca "Nunzia Festa" nell'ex-Eca di via Tagliamento. Chi è interessato può ancora segnarsi mandando un'e-mail a presidiolibroav@gmail.com

mercoledì 23 marzo 2011

Raccontare il Risorgimento: qualche riflessione


Archiviata la ricorrenza dei 150 anni dell’Unità d’Italia. Fiumi di parole, polemiche, divisioni, ma anche tanti segnali confortanti di spontanea e numerosa partecipazione da parte dei cittadini, in Irpinia, come nelle altre parti d’Italia.

La retorica ufficiale ha avuto, come comprensibile in simili occasioni, il maggior risalto mediatico.

La sensazione che ho potuto percepire è stata quella di un comune aria di festa, come ho avuto modo di verificare osservando tante le persone uscite in strada con una coccarda o un simbolo tricolore in bella mostra o le tantissime bandiere esposte bandiere dai balconi e dalle finestre, un fenomeno – quest’ultimo – davvero senza precedenti se si escludono le occasioni legate agli impegni della nazionale di calcio.

Chiusasi la ricorrenza ufficiale occorre, a mio avviso, porsi il problema del 18 marzo, del giorno dopo, ovvero come tener viva la consapevolezza del nostro essere italiani, del nostro essere concittadini a partire dal nostro Risorgimento.

Quello che serve è un lavoro che potrei definire quotidiano, da compiersi con strumenti semplici, che non rendano diffidenti o annoino le persone.

La chiave è quella di partire dalle esperienze di chi, all’incirca un secolo e mezzo fa, ha deciso di fare l’Italia e ce l’ha fatta. Uomini come noi prima di tutto, con un bagaglio di idee, esperienze che li hanno portati a compiere a scelte e ad agire senza essersi ancora seduti su alcun piedistallo di qualche monumento, essere ricordati su una lapide o nelle aule delle nostre scuole.

Una vicenda che può essere il racconto delle tante vicende umane che si incrociano e che in maniera differente sono protagoniste di questa vicenda, che definisce l’Italia Contemporanea.

E’ quello che ho, anzi, abbiamo provato a fare mercoledì scorso alla libreria “L’Angolo delle Storie” di Avellino, proponendo un incontro pubblico che ho scelto di intitolare non casualmente “Il risorgimento nelle parole e nelle immagini dei protagonisti”. Si tratta di un’idea che non nasce con le mie sole forze, ma che è frutto di un lavoro e di stimoli di più persone. Un grande impulso mi è stato dato da Lia Tino, animatrice dell’Angolo, che negli scorsi mesi,si è instancabilmente dedicata ad organizzare momenti di approfondimento dedicati ai più piccoli con il “Racconto dell’unità d’italia”, con la tecnica del teatro giapponese del Kamashibai, semplice strumento di supporto alla narrazione attraverso delle illustrazioni, aiutata dal giovane studente dell’Accademia delle belle Arti di Napoli, Andrea Matarazzo.

Mi sono chiesto: Lia riesce a spiegare l’Unità ai più piccoli perché non provarci anche con persone più adulte? Con i Presìdi del Libro avevamo già provato qualche mese fa a fare un qualcosa di simile sul Terremoto del 1980, in collaborazione con Stefano Ventura, storico irpino che ha studiato quei tragici eventi. Motore di quell’iniziativa fu Fabrizio Mondo, studente di lettere e allievo sulle scene teatrali del maestro Renato Carpentieri.

Intanto i tipi della Laterza hanno dato alle stampe nelle prime settimane dell’anno un’antologia di fonti e immagini del Risorgimento, dal titolo “Nel nome dell’Italia”, curata dal professor Alberto Mario Banti dell’università di Pisa. Ho avuto modo di approcciare direttamente Banti e i suoi innovativi studi sul Risorgimento e sulla nascita del cosiddetto ‘discorso nazional-patriottico’ un paio di anni or sono, nel corso di un seminario di due settimane che lo stesso professore tenne a Napoli, a cui ho avuto la fortuna assieme ad altri 8 fortunati dottorandi in storia contemporanea. L’antologia di fonti mi è sembrata da subito il grimaldello utile per provare a ‘raccontare il Risorgimento’. A partire da “Nel nome dell’Italia”, con Fabrizio Mondo abbiamo selezionato letture e immagini con cui organizzare una pubblica lezione; l’obiettivo è stato quello di proporre una comunicazione immediata, ritmata, stando entro l’ora e un quarto di tempo totale, per non sfidare ulteriormente il livello di attenzione medio del pubblico. Le spiegazioni si sono alternate alle letture recitate da Fabrizio, assieme alle immagini commentate. Abbiamo scoperto un Luigi Settembrini introdotto giovanissimo al patriottismo nel mezzo mezzo all’ambiente goliardico e scanzonato degli allora studenti ‘fuorisede’ presso l’Università di Napoli, oppure la testimonianza di un ‘involontario’ partecipante ai moti del 1820, un ‘copetaro’ di Nola, assieme ai plebisciti di annessione del 1860, rappresentati dal padre del fumetto moderno, lo statunitense Thomas Nast e lo straordinario Proclama al popolo irpino di Francesco De Sanctis, assieme alle riflessioni postume del brigante Carmine Crocco, che ci hanno aperto uno squarcio sulle idee, le prospettive e la mentalità di uno dei protagonisti del cosiddetto brigantaggio.

Ci si è resi conto che le fonti che sono state recitate da sole non raccontano tutto; sono convinto, assieme a chi mi aiutato a far diventare realtà questa idea, che si tratta di una sorta di tasselli di un complesso e più grande puzzle. Pezzi che aiutano a comprendere il clima gli uomini e le idee di 150 anni fa, perché nonostante, limiti, errori, miopie, divisioni e tanti problemi insoluti, ‘l’invenzione’ della nazione italiana ha portato alla nascita dei uno stato che esiste ancora e che configura la vita pubblica dell’Italia Contemporanea. A tal proposito ha a mio avviso ragione un altro studioso con cui ho avuto modo di confrontarmi in passato, il professor Marco Meriggi dell’Università di Napoli, il quale ha sostenuto che, come tutte le invenzioni anche la ‘nazione italiana ha in sé qualcosa di artificioso, ma ha ricordato che, allo stesso tempo, le invenzioni sono il motore di grandi e importanti cambiamenti, nel bene e nel male.

Sarebbe bello continuare a raccontare, attraverso i pezzi dell’affascinante puzzle risorgimentale, come e in che contesto sia nata questa invenzione; cercando di rimanere fedeli ad una modalità di divulgazione immediata e coinvolgente, impegnandosi a non scadere in discussioni da bar o baloccarsi inutilmente attorno a discussioni su fantomatici complotti o su cosa sarebbe successo se avessero vinto gli ‘sconfitti’ dall’unificazione della penisola italiana. Sono convinto che gli eventi ormai lontani da noi si raccontano cercando di capire, quanto alle pagelle e alle liste dei buoni e dei cattivi, possiamo darle nelle cronache sportive del lunedì mattina.

Mario De Prospo

da 'Ottopagine - Quotidiano dell'Irpinia' , 22 marzo 2011

giovedì 17 marzo 2011

Un secolo e mezzo dopo l'Unità: ecco i nostri due momenti di incontro e discussione

"Il Risorgimento nelle parole e nelle immagini dei protagonisti"

Presentazione del libri "Briganti si muore"

Due serate, lunedì14 e mercoledì 16 marzo, dedicate alla riflessione sui 150 anni dell'Unità d'Italia.
Lo abbiam fatto partendo dai libri, ma creando, nell'ambiente come sempre ospitale della libreria "L'Angolo delle Storie", un'atmosfera rilassata, di discussione franca e diretta.

Abbiamo scelto di ricordare e sopratutto pensato a quale è ancora il senso essere italiani, un secolo e mezzo dopo la nascita di uno stato unitario.  Allo  stesso tempo abbiamo cercato di non scadere in una facile retorica, consci che tante cose sono cambiate in meglio, ma che tanti errori e altrettanti problemi sono ancora da sanare.

Per chi non ha potuto seguirci o per chi ha il piacere di riascoltarci eccovi i link per scaricare il file audio della presentazione di "Briganti si muore" di Giuseppe de Nisco:

https://sites.google.com/site/salviamolebibliotecheav/presentazione-briganti-si-muore

Qui invece il link per scaricare l'audio de' "Il risorgimento nelle parole e nelle immagini dei protagonisti"

https://sites.google.com/site/salviamolebibliotecheav/il-risorgimento-nelle-parole-e-nelle-immagini-dei-protagonisti

giovedì 10 marzo 2011

150 ANNI DOPO, LETTURE TRICOLORI




Anche il Presìdio del Libro di Avellino intende ricordare e celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia.

Lo faremo  attraverso due piccoli eventi in programma il 14 e il 16 marzo prossimi presso la libreria L’Angolo delle Storie in via Fosso Santa Lucia, nel centro storico del capoluogo irpino.

Lunedì 14 alle ore 18, con Gianni Marino dell’Archivio Storico della CGIL e Paolo Speranza di Quaderni Cinema Sud discuteremo assieme al narratore ed appassionato di divulgazione storica Giuseppe De Nisco, che ha recentemente pubblicato una raccolta di racconti per l’editore Mephite, intitolata ‘Briganti si muore’. Un libro di finzione, ma con una precisa ambientazione storica, l’Irpinia immediatamente dopo l’unificazione del paese, che ci restituisce l’atmosfera di quel complesso periodo storico nei nostri territori. 

(Qui trovate la scheda del libro 'Briganti si muore':  http://www.mephite.it/dettaglilibro.aspx?ID=192 )


Mercoledì 16, sempre alle 18, avrà luogo un momento di riflessione e discussione attraverso le immagini e la lettura delle testimonianze dirette del periodo risorgimentale . Proveremo ad affrontare in una modalità comprensibile e aperta un periodo importantissimo del nostro passato a partire dal volume  'Nel nome dell'Italia. Il Risorgimento nelle testimonianze, nei documenti e nelle immagini', curato dal professor Alberto Mario Banti e recentemente edito da Laterza.

(Qui trovate la scheda del libro 'Nel nome dell'Italia. Il Risorgimento nelle testimonianze, nei documenti e nelle immagini' :  http://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788842094654 ).

venerdì 4 marzo 2011

Librerie incatenate: la riscossa del bookstore indipendente

Attività all'interno del Penguin Bookshop di Sewickley, Pennsylvania
fonte: http://www.penguinbookshop.com/gallery

 

Antonella Agnoli ci conduce in un bel (e speranzoso) viaggio tra libri, biblioteche e librerie negli Stati Uniti. L'inchiesta è uscita su' Il Manifesto di due giorni fa. Noi la pubblichiamo con piacere, con i più affettuosi saluti di una cara amica del Presìdio avellinese - quale è Antonella - certi di creare un sano raffronto tra la nostra realtà e quanto succede oltreoceano.


Chissà, forse Amazon dovrà trincerarsi in Alaska o a Portorico nel prossimo futuro. Il gigante della distribuzione fondato da Jeff Bezos rischia di passare dei guai perché rifiuta di far pagare ai suoi clienti le tasse sulle vendite locali (una specie di Iva, diversa da stato a stato), cosa che rappresenta un forte incentivo per l'acquisto dei libri online invece che in un negozio: a New York le tasse sono l'8,25%, in Pennsylvania il 7%. Di questi tempi, risparmiare circa due dollari sull'acquisto di un volume che ne costa 25 può essere importante per un consumatore attento al borsellino, e di solito l'ulteriore sconto praticato da Amazon sul prezzo di copertina copre le spese di spedizione.
Quel che è successo in Texas è semplice: poiché uno dei magazzini di Amazon sta nella periferia di Dallas, per il fisco è un rivenditore «texano» e quindi tutti i compratori del Texas devono pagare le (modestissime) tasse locali. La somma potenzialmente accumulatasi finora è sostanziosa: 269 millioni di dollari, 200 milioni di euro che Amazon.com non ha alcuna intenzione di pagare: piuttosto chiuderà il centro di distribuzione in Texas il prossimo 12 aprile. Al resto penseranno gli avvocati.
La linea dura scelta da Bezos nel lungo periodo è però rischiosa: molti stati, tra cui Colorado e Rhode Island hanno accettato le richieste dell'associazione dei librai, rafforzando la legislazione che riguarda le tasse sulle vendite online, anche per far fronte alla crisi fiscale. Piuttosto che perdere il suo vantaggio competitivo, Amazon ha chiuso in questi stati ogni magazzino o ufficio, ma è probabile che regolamentazioni analoghe si estendano: prima o poi, insomma, Amazon dovrà rassegnarsi a far pagare l'Iva o ritirarsi ai margini degli Stati Uniti (forse il Delaware continuerà a essere fiscalmente ospitale ma trasferire ogni attività laggiù non sarebbe molto conveniente).

«Buoni» contro «cattivi»Il problema dell'Iva sulle vendite online è solo una delle mille questioni che si intrecciano quando si parla del futuro del libro in America: dopo le librerie indipendenti, spariranno anche le catene come Borders o Barnes& Noble? La carta verrà sostituita dagli e-book? La vera concorrenza, in futuro, sarà tra Kindle (Amazon), iPad (Apple), Nook (Barnes & Noble) e Google ebookstore? E infine: l'accessibilità online di tutti i libri del mondo farà scomparire le biblioteche pubbliche? Viste da qui, le prospettive del libro cartaceo possono davvero apparire drammatiche come vengono descritte: tra il 2000 e il 2007 hanno chiuso circa mille librerie indipendenti negli Stati Uniti, lasciandone circa diecimila aperte, che però rappresentano solo il 6% del fatturato: ormai circa metà delle vendite di libri avvengono nei supermercati o attraverso Amazon. Le due catene Borders e Barnes & Noble rappresentavano l'anno scorso rispettivamente l'8% e il 17% delle vendite.
Dell'estinzione delle piccole librerie si parla dagli anni Novanta: nel 1998, in C'è posta per te, Tom Hanks e Meg Ryan impersonarono rispettivamente il «cattivo» manager delle catene Fox (trasparente versione di Barnes& Noble) e la «buona» libraia indipendente. E non è che le cose siano andate troppo diversamente da come venivano presentate nel film: librerie storiche come Davis-Kidd a Nashville e Cody's a San Francisco hanno resistito una dozzina d'anni ma nel 2010 si sono arrese anche loro (resiste, invece, la gloriosa City Lights).
La crisi tocca ora anche le grandi catene: il Borders di Centre Avenue a Pittsburgh, per esempio, è tappezzato di cartelli «Closing - Everything must go», uno dei 200 negozi che la catena sta sopprimendo. Barnes & Noble ha ancora 717 punti vendita, rispetto ai 726 di due anni fa, ma ha chiuso 798 punti di vendita della catena Dalton, assorbita nel 1987. Borders cerca un compratore per evitare il fallimento e l'ipotesi più probabile è che venga assorbito da Barnes & Noble. Ma anche questo sembra un gigante con i piedi d'argilla, minacciato da Amazon sul fronte delle vendite di libri cartacei e su quello degli e-book (il Kindle, per ora, ha molto più successo del Nook). 
Le catene avevano avuto successo per l'ampiezza degli spazi, spesso oltre 2000 metri quadri, per la sovrabbondanza dell'offerta (anche 150.000 titoli fisicamente presenti nel negozio) e per la generosa accoglienza: nessuno si formalizzava se un «cliente» sedeva tutta la giornata al caffè interno, leggeva tre libri e poi se ne andava senza comprare nulla. Questa formula potrebbe aver fatto il suo tempo: Borders o Barnes & Noble sono luoghi piuttosto anonimi, con le loro pile di bestseller all'ingresso e i loro commessi sottopagati che chiedono lo spelling del nome di ogni autore anche se si tratta di Kafka. In un mondo dove esistono accoglienti biblioteche pubbliche, i caffè Starbucks e lettori elettronici che permettono di scaricare qualsiasi libro anche se ci si trova in una remota valle degli Appalachi i motivi per cercare il Barnes & Noble più vicino non sono moltissimi.
La novità degli ultimi mesi sembra essere il ritorno delle librerie indipendenti: ci sono piccole librerie che sembrano passarsela ottimamente, come la Oblong Books di Suzanne Hermans a Rhinebeck, New York, di cui hanno parlato i giornali e altre. La riscossa di «Piccolo è bello» sembra partire da luoghi come Penguin Bookshop, a mezz'ora di auto da Pittsburgh. Penguin esiste da ottamt'anni, ha avuto fin qui solo quattro proprietari e offre qualcosa di diverso dai libri: un posto dove sentirsi a casa. La libreria, su due piani, ha comode poltrone, un caminetto, un grande spazio ragazzi e uno staff che riconosce il cliente, se non altro perché la città di Sewickley ha soltanto 3.500 abitanti. In Italia, comuni di queste dimensioni hanno al massimo una cartolibreria e nessuna biblioteca, qui c'è anche una public library molto frequentata, con oltre 90.000 documenti. 
«Siamo aperti dall'ottobre 1929 e se siamo sopravvissuti alla Grande Depressione ce la faremo anche questa volta» ironizza Maryanne Eichorn, ricordando che l'ultimo restauro e ampliamento della libreria è stato fatto nel 2008, un altro anno di crisi per gli Stati Uniti. «La nostra strategia, dice Maryanne, è di offrire un servizio alla comunità: segnaliamo le novità che possono interessare al singolo cliente, consigliamo i libri per i regali di Natale, offriamo presentazioni e appuntamenti di ogni tipo». Penguin Bookshop ha il vantaggio di essere in una comunità ricca e poco lontana da Pittsburgh, dove il reddito medio è ben superiore alla media nazionale. I residenti comprano lì anche i libri che potrebbero trovare scontati su Amazon: «Paghiamo una piccola quota per rendere la nostra città più piacevole da vivere», dice Joan Miles, avvocato, sposata con un docente universitario. Penguin Bookshop ha disponibili in negozio 14.500 titoli ma il suo catalogo offre una scelta ben più vasta: 220 libri di, o su, Giacomo Leopardi, 450 di, o su, Karl Marx (compresi molti in francese, tedesco, spagnolo) e non manca neppure l'edizione inglese dell'autobiografia di Rossana Rossanda, The Comrade from Milan, pubblicata da Verso al prezzo non abbordabilissimo di $49,95 più tasse. «Quello che non si trova oggi sui banconi arriverà senza fallo entro sette giorni», spiega Maryanne. 
Penguin, come altre piccole librerie, sostiene di non temere l'espansione del libro elettronico e ha fatto un accordo con Google per vendere libri attraverso Google ebookstore, che ha il vantaggio di offrire e-books in formati compatibili con tutti i lettori tranne il Kindle; la possibilità è ancora poco usata ma rafforza l'immagine di Penguin come luogo moderno, con niente da invidiare alle grandi librerie di New York o Philadelphia, né ai giganti delle vendita per corrispondenza.
I librai americani hanno dimostrato di non mancare di fantasia nel reinventare i loro negozi: in Massachusetts HugoBookstores offre corsi di spagnolo e di cucito, in Iowa The Book Vine offre degustazioni di vino e vende non solo caffè ma anche cioccolato e orsacchiotti di pelouche insieme a qualche buona bottiglia di Cabernet Sauvignon. A New York, McNally Jackson proclama le propria ambizione di diventare «il centro della cultura letteraria a Manhattan». Forse ci vorrà un po' di tempo, ma la domenica la libreria è affollatissima e la macchina per stampare libri sul momento, il cosiddetto print on demand, rafforza l'immagine d'avanguardia di questo punto d'incontro nel Greenwich Village. 

Cose che non hanno prezzoFunzioneranno questi tentativi? L'impressione è che avranno successo le librerie (come le biblioteche) che hanno un rapporto forte con il quartiere o la città. Solo quando questi third places, questi luoghi di incontro e di socializzazione, hanno una base sufficiente di frequentatori affezionati riescono a sconfiggere la concorrenza dei colossi e dei distributori di e-book. «Librerie e biblioteche sono strutture che valorizzano la città» dice Barbara Mistick, il direttore del sistema bibliotecario lasciato in eredità a Pittsburgh da Andrew Carnegie e non c'è dubbio che sia così. Lo shopping su Amazon può far risparmiare ma ottenere un consiglio, incontrare un autore, passare due ore con le amiche sono cose che non hanno prezzo.  Come non hanno prezzo, continua Barbara Mistick, i servizi che una biblioteca pubblica offre alle fasce più deboli della popolazione: «Prima di discutere di e-book, bisogna capire quante persone hanno una connessione internet, quante hanno una carta di credito, quante hanno un lettore adatto. La public library mette a disposizione delle fasce deboli della popolazione computer che a volte sono vitali per chiedere l'indennità di disoccupazione, per ottenere un rimborso fiscale o inviare un curriculum. Siamo un luogo dove le persone possono farsi aiutare, incontrarsi, scambiare esperienze e l'importanza di queste relazioni si è moltiplicata con la crisi». 
Tutte le biblioteche americane, in queste settimane, offrono i moduli per fare la dichiarazione dei redditi e assistenza per compilarli a chi ne ha bisogno. Oltre ad avere ogni tipo di servizi per i cittadini che cercaNO lavoro: come scrivere un curriculum, come chiedere le indennità di disoccupazione, come affrontare un'intervista di assunzione. Nonostante questo, anche le biblioteche sono fortemente sotto stress.
Il loro nemico sono le amministrazioni locali, con i loro tagli spietati in discussione in queste settimane. A Queens, uno dei cinque boroughs di New York, esiste il più grande, e probabilmente più efficiente, sistema bibliotecario pubblico degli Stati Uniti, con 23 milioni di prestiti nel 2009 e un bilancio di 127 milioni di dollari. Il sindaco della città Michael Bloomberg si propone di ridurre il bilancio del 23 per cento, una scelta che implicherebbe il licenziamento di 300 bibliotecari e la chiusura di molte delle 62 succursali. Questa settimana, una folta delegazione di cittadini andrà a Albany, la capitale dello stato, per convincere deputati e senatori che le biblioteche valgono più di quanto non costino alla collettività. E anche in Gran Bretagna, dove il governo Cameron ha fatto scelte analoghe, si è creata una forte mobilitazione in difesa delle biblioteche come indispensabile componente della qualità della vita urbana.


Antonella Agnoli, "Il Manifesto", 02/03/2011