mercoledì 23 febbraio 2011

I libri perduti nelle città dei rimpianti (un nuovo intervento)

La giovane antropologa  Marina Brancato  prosegue il dibattito su libri e librerie ad Avellino.
Riportiamo anche il suo intervento


I libri sono mediatori della conoscenza sociale: evocano memorie e storie vissute, raccontano legami. Il dibattito aperto su «Il Mattino» da Marco Ciriello è espressione di un disagio culturale che per me è rievocazione di un libro di Luciano Bianciardi, «Il lavoro culturale». Anzi, i dibattiti avellinesi me ne rievocano speso la lettura. Soprattutto l’ultimo capitolo «Ritorno a Kansas City»: rileggendolo mi sembra di condividerne sensazioni e punti di vista, se paragonati alla nostra città. Che ha poco di americano e molta cupezza da città dell’Est. Ciò che comprendo dalla riflessione di Marco Ciriello non è la semplice difficoltà di reperire degli autori preferiti ma è la mancanza di un’educazione, di un insegnamento che è culturale. E forse, dovremmo precisare che la cultura è oggi concetto abusato. Cultura non solo nel senso di «cultura animi», ma anche nel significato più antropologico. Avellino è una città che ha perduto l’identità degli spazi, dei luoghi. E non mi riferisco al solito lamento sull’aggregazione sociale. Il disagio da supermarket del libro rappresenta l’eco di un’assenza ma anche di un silenzio culturale. Certo, non mancano effervescenze ed entusiasmi intellettuali, ma con difficoltà troviamo un vero e proprio spazio identitario del libro. Internet è una risorsa meravigliosa e democratica per il «Sapere», ed è una scelta individuale ma siamo ancora lontani dalle felicità dell’«open access». Che rimane l’unica rivoluzione possibile, per chi crede nella condivisione culturale. Il Presidio del libro potrebbe essere un buon viatico in questo senso (anche se confesso che la parola presidio non mi piace, non siamo mica in guerra). E poi i libri, a metà strada tra feticci, strumenti di lavoro e di consumo, sono oggetti culturali dalla forte valenza simbolica e identitaria. Una libreria, come una biblioteca, consente che significati e storie vengano messi in comune, facendo sì che individui e comunità possano costruire esperienze e memorie condivise. Uno spazio materiale, simbolico e funzionale che contiene e racchiude, in cui si svolgono eventi e storie si creano relazioni, riti e contemporaneamente si sanciscono esperienze. Ad Avellino c’è il solo rimpianto, continuo, per quello che poteva accadere e non accade. Intendo le parole di Marco Ciriello come una possibilità di barattare questo rimpianto con una opportunità, di convertire il piccolo (della provincia) in una occasione di diversità, leggo nelle sue parole una richiesta di opposizione culturale possibile, al dilagare del conformismo librario e non. I libri sono un inizio, sono il mezzo per rendere l’aria respirabile, l’opportunità per spezzare isolamento e lontananza, e anche molte delle sudditanze che partono dalla cultura e arrivano alla politica.


Marina Brancato -(Il Mattino edizone Avellino 23/02/2011)

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